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martedì 20 ottobre 2015

SCELTE E PERCEZIONI (Parte 1)

La dottrina esoterico-spirituale e la meccanica quantistica condividono la concezione che un qualunque osservatore non sia separato dall’ambiente in cui si trova. E che la percezione interagisca attivamente con l’ambiente stesso. In altre parole, dentro e fuori, interiore ed esteriore sarebbero soltanto punti di vista.


Tuttavia prima di accogliere una tale concezione occorre fare i conti con la millenaria programmazione mentale che possediamo.


Se immagino un fiore e se guardo un fiore la scienza ci dice che viene attivata la stessa area del nostro cervello, ma per come siamo abituati a pensare, vedere un fiore ed immaginarlo sono cose alquanto diverse. Qual è la differenza fra una cosa pensata ed una cosa vista? 
Mi si dirà che una cosa vista esiste nel mondo esterno, mentre, con l’immaginazione, posso visualizzare ciò che voglio.
Ecco vorrei cominciare a mettere in dubbio questa definizione con qualche semplice esperimento.
E’ mio desiderio andare ad analizzare una straordinaria similitudine fra le due attività: distinguendo ciò che scegliamo di percepire da ciò che non è una nostra scelta.

Conscio e inconscio

Cammino lungo la strada pensando agli affari miei. Ad un tratto mi giro e guardo alla mia destra. Vedo un portone. Vedo una nicchia con una campanelliera di ottone. Vedo un muro a piccoli mattoni rossi. Fin qui niente di speciale.

Posso però distinguere due attività: ho scelto di girarmi a destra, è stata una mia libera scelta. Non ho scelto però di vedere quel portone. Adesso invece scelgo di guardare meglio il portone. Vedo che il legno è intarsiato, vedo che c’è un graffio vicino alla serratura.
Ho scelto io di guardare il portone adesso. Ma non ho scelto io di vedere questi dettagli. La prima volta che mi sono voltato non ero conscio del fatto che avrei trovato un portone. La seconda volta che ho guardato, ero conscio della presenza del portone, non ero conscio degli intarsi né del graffio.

Io sono libero di scegliere cosa o in quale direzione guardare, non sono libero di scegliere quello che vedrò.

Adesso possiamo fare un esperimento. Pensate di avere in mano un fiore e pensate di osservarlo per un istante. Pensate di guardare i dettagli: il colore, la forma... Lo faccio anche io, mentre scrivo. Di che colore era il vostro fiore? Che fiore era? Il mio fiore era una margherita: il classico fiorellino giallo con i petali bianchi. Qualcuno ha pensato ad un tulipano? Oppure ad una rosa? 

Se ci fate caso, durante questa semplice attività è successa una cosa: prima di tutto se avete deciso di pensare ad un fiore, cioè se avete accettato di fare questo esperimento, questa è stata una vostra libera scelta. Avete scelto di pensare ad un fiore. Ma non avete deciso voi quale fiore avreste visto. Non è stata una vostra scelta.
  
Come si fa a dire quale è stata una scelta e quale non lo è stata?

Quando un’azione o una percezione è stata una nostra scelta siamo sempre in grado di spiegarne la causa o la motivazione.

Perché io ho pensato ad una margherita? Mi viene in mente il simpatico fiorellino del fumetto di BC. Ma questa non è affatto una motivazione. 
Attenzione: è successo di nuovo: mi sono domandato “Perché ho pensato una margherita?” Questa è stata una mia scelta. Non è stata dettata dalla mia curiosità di saperlo, ma di verificare se riesco a trovare un motivo per il quale ho pensato ad una margherita piuttosto che ad una violetta. 
Dunque, la mia scelta è stata: “Guardo nella direzione del perché ho pensato ad una margherita” Che cosa ho visto? Un vecchio fumetto di BC. Posso anche dire che in casa da qualche parte ho un libro di strisce di quel fumetto. Ma questo non spiega affatto perché non ho pensato ad una cosa diversa. Non è stata una mia scelta.
Tutto questo non appare poi così diverso dal portone incontrato per la strada. Anzi, in entrambi i casi succede quanto segue:

Rivolgo il mio sguardo in una direzione o verso un oggetto e percepisco particolari che non sono una mia scelta.

E questo succede indipendentemente dal fatto che io guardi con i miei propri occhi o che guardi attraverso la mia mente.

Da questo punto di vista dunque, il mondo esteriore e quello interiore si comportano nello stesso modo. Non è vero che le cose che vedo nel mondo esistono indipendentemente da me mentre quelle che penso sono una mia scelta. A suo tempo Freud disse che esistevano processi inconsci. Assumendo che quello che vedo, non per mia scelta, sia portato alla mia attenzione da un processo inconscio, mentre sono consapevole di ciò che ho scelto direttamente di fare, le definizioni di conscio ed inconscio diventano con molta semplicità:
  •  Conscio = Ciò che so.
  • Inconscio = Ciò che non so.

E questo vale indifferentemente per il mondo fisico e per quello mentale

IL MONDO DELLA MENTE


Torniamo alla nostra definizione iniziale: con l’immaginazione posso veramente immaginare ciò che voglio? 
Non sarà piuttosto che posso solo scegliere cosa o dove guardare con una maggior flessibilità rispetto al mondo fisico? 
Allora posso dire che ci sono due mondi: un mondo fisico percepito con gli occhi ed un mondo mentale percepito con la mente, ed io posso divertirmi ad esplorare entrambi.
La differenza fra i due sembra piuttosto legata alle limitazioni spazio-temporali del piano fisico. Scelgo di guardare la cupola del duomo di Firenze. Se sono in piazza del duomo a Firenze mi basta girare lo sguardo. Se sono in Australia devo prima farmi un bel viaggetto.
Se scelgo invece di pensare alla cupola del duomo di Firenze non ho bisogno di viaggiare. 
Dirò di più: non cambia niente se sono fisicamente nella piazza o dall’altra parte del globo. E posso pensare a Sirio con la stessa rapidità. Posso anche pensare alle torri gemelle di New York sebbene nel mondo fisico non esistono più..

Ma esiste un tempo del pensiero? 

Posso essere così distante da un pensiero che impiego un certo tempo per arrivarci? Certamente si. E’ quello che succede quando diciamo che stiamo facendo “mente locale”.
Istintivamente faccio un viaggio nel mondo mentale per portarmi in prossimità di ciò che voglio vedere. Quando arrivo, comincio a vedere dettagli e particolari che nel “luogo” dove mi trovavo non ero in grado di ricordare.
Questo è un punto importante. Perché se sto cercando qualcosa incontrerò ciò che è più vicino al luogo in cui mi trovo. Se mi guardo intorno cercando un volatile e mi trovo in piazza S.Marco a Venezia, c’è una buona probabilità che il primo uccello che vedo sia un piccione. Se mi trovo in una fattoria, può darsi invece che il primo uccello in cui mi imbatto sia un pollo.

Se decido di pensare a qualcosa, sarà più probabile incontrare pensieri vicini al luogo mentale in cui mi trovo.
Il Corpo Mentale
Dove si sviluppano i poteri della mente
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Sto parlando del senso della vista, ma quanto detto vale per qualsiasi altra percezione: Penso ad una scatola che contiene qualcosa. Tolgo mentalmente il coperchio alla scatola e la capovolgo in modo che l’oggetto cada in terra. Ascolto il rumore dell’oggetto. Il suono che sento non è una mia scelta.
Immagino di prendere in mano un alambicco contenente una pozione magica. Tolgo il tappo e immagino l’odore. L’odore che sento non è una mia scelta. Se penso ad un odore che conosco, per esempio all’odore di un mandarino: è per buona parte una mia scelta.

Immagino il modello di un chakra con la sua caratteristica forma “a trombetta” di Roberto Zamperini. Immagino di infilarci dentro una mano e sento com’è l’energia all’interno. La sensazione che provo non è una mia scelta.
Penso alla sensazione che si prova toccando una grattugia per il parmigiano. E’ per buona parte una mia scelta.
Dico “per buona parte” perché difficilmente sono così bravo da prevedere tutti i dettagli del mio pensiero: c’è sempre una parte che mi sfugge, ci sono dettagli di cui non sono conscio ma che appaiono nel momento in cui penso a qualcosa.

Le Leggi Occulte dell'Energia Sottile e i 7 Raggi
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Nel momento in cui desidero percepire qualcosa, devo focalizzarmi (scegliere) ciò che voglio sentire. I vincoli restringono il campo percettivo: penso ad un fiore, ho definito un vincolo. Se ho scelto di pensare ad un fiore non penserò ad un dromedario, quella è la scelta, quella è la direzione in cui guardare.

Del resto è necessario impostare una direzione. Se dico “pensa a qualcosa” già un certo numero di persone troverà difficile far apparire qualcosa nella mente. Se dico semplicemente “pensa” il numero di persone in difficoltà aumenterà. Se dico: “pensa ad un gatto nero seduto su di un muretto che ti guarda con i suoi occhi gialli” ho messo molti vincoli e ristretto lo spazio di libertà. Molti saranno in grado di pensare a questo. Però ho comunque impostato la direzione perché poi posso domandare: “com’è il muretto su cui siede il gatto?” ed arriveranno informazioni dall’inconscio.

(TO BE CONTINUED)

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