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lunedì 11 settembre 2017

DONNE, PIANTE E CULTURE


di Kathleen Harrison

Ho lavorato per molti anni studiando le piante medicinali e le popolazioni che ne fanno uso. Vent’anni fa ho trascorso un lungo periodo nella foresta amazzonica peruviana lavorando con guaritori che usavano una moltitudine di piante dalle più leggere alle più potenti. Successivamente tornai alla mia vita in California, realizzai molti altri progetti botanici e crebbi i miei figli. Fu soltanto quando tornai nuovamente in Amazzonia nel 1993 che compresi a pieno cosa si intende per “spirito della pianta”. Divenne qualcosa di reale che entrò dentro la mia pelle e cambiò radicalmente la mia vita. 

Da allora, ho lavorato per un paio di anni con gli Indiani Maztechi sulle montagne di Oxaca in Messico e ho imparato molte cose sulla relazione tra natura e piante degli indigeni nativi della California.

Vedo straordinarie analogie nelle varie società basate sulla natura, in cui ogni cosa è vista come animata e ogni specie è un essere vivente. Penso che anche noi dovremmo sviluppare una percezione di questa realtà nascosta in modo tale da rendere le medicine che coltiviamo o che ci vengono date o che compriamo, più potenti e più efficaci. La nostra cultura è estremamente riduzionista e materialista; abbiamo veramente bisogno di ispirarci a modelli che ci possono aiutare a comprendere lo spirito della natura e lo spirito della medicina. 

La parola “spirito” viene dal latino e significa “respiro”, quindi quello di cui stiamo parlando quando diciamo che una pianta o una specie ha uno spirito è che raccoglie energia dall’universo e la esprime in una determinata forma. 

Una nozione antica in molte culture indigene in tutto il mondo è che sulla Terra c’erano degli esseri primordiali prima che noi arrivassimo. Essi interagirono, ebbero relazioni d’amore, conflitti, scambi di ogni sorta, e ognuno di questi esseri divenne una specie vegetale. In base a queste storie sulla creazione, noi umani, anche se possiamo sembrare complessi e differenziati, siamo un solo essere, e tutte specie botaniche che usiamo in medicina sono un solo essere. 

Ho imparato dai miei amici nativi a parlare con gli spiriti delle piante.



Quando sei interessato a una pianta, sia che la coltivi nel tuo giardino o la cerchi nella foresta, impari a parlarci come se fosse un essere, che nei sui geni e nella sua forma porta una costellazione di qualità e modi di interagire con noi, con cui dovremmo parlare. Conoscerle è una cosa, ma è parlarci e ascoltarle quello che fa veramente funzionare la medicina, perché in questo modo diventa una relazione. Questo è il motivo per cui in molte parti del mondo è la donna che conserva la conoscenza delle piante. Le donne sono brave nelle relazioni. Analogamente a tutti i mammiferi femminili, e in particolare ai primati, uno dei nostri ruoli è di nutrire la vita, di essere un veicolo della vita. 

Siamo esseri che donano attenzione. Quando i bambini vengono al mondo attraverso di noi, non sono ovviamente in grado di sopravvivere nel mondo per conto loro. In alcune specie lo sono, ma non in quella dei mammiferi, quindi è necessario che noi gli diamo profonda attenzione e osserviamo le loro necessità in un modo che va bel oltre il livello verbale, così da aiutarli a sopravvivere e a crescere. Noi donne dobbiamo essere in grado, a tutti i livelli, di sentire le necessità degli esseri intorno a noi a usare tutti i nostri sensi per prenderci cura dei piccoli.

Queste capacità valgono anche nella raccolta delle piante. Possiamo guardare indietro nella storia degli ominidi e vedere che siamo sopravvissuti usando i nostri sensi del tatto, dell’odorato, della vista così da distinguere chiaramente tra una pianta e l’altra, tra tutte le diverse forme attraverso cui gli elementi si presentano a noi. Furono principalmente le donne che perfezionarono queste abilità.


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Penso che sia molto importate per noi donne riconoscere che siamo diventate molto abili nel dare attenzione al mondo naturale; queste capacità ci permettono di far intervenire la natura attraverso di noi. Il linguaggio stesso può essere un ostacolo in questa ricerca, come una sorta di schermo dietro
cui rimaniamo intrappolati, separandoci dalla realtà che sta dietro. Io amo le parole, ma la nostra cultura ci ha portato la convinzione che ci sia una realtà oggettiva, che noi in quanto individui abbiamo una nostra soggettività, ma che ci sia un’oggettività che la vince. E’ importante ricordare che questa stessa oggettività è in realtà una costruzione culturale. Penso che le donne siano spesso più disposte a fidarsi delle loro esperienze soggettive, dei loro sogni, delle loro intuizioni, e di conseguenza più in grado di sviluppare una relazione con il mondo delle piante. Quello che sto vedendo mi incoraggia molto. 

Mi è capitato di partecipare a delle conferenze sulle piante alla California School of Herbal Studies in questi ultimi anni, e molte delle persone che sono venute erano giovani donne; circa tre quarti di loro studiavano per diventare erboriste o sentivano in qualche modo il richiamo delle piante. 

Queste giovani donne che studiano erboristeria e etnobotanica mi riempiono il cuore di gioia. La mia generazione ha dovuto lavorare molto semplicemente per iniziare a fidarsi dei propri istinti, a conoscere la natura, a riscoprire che anche le nostre radici vengono dalla terra.

Una cosa di cui mi sono accorta durante i miei viaggi studiando le popolazioni e la loro relazione con la natura è che le piante hanno l’abilità di trasmettere energia. Le piante trasformano la terra, l’acqua, la luce creando in questo modo i loro corpi. Le piante sono manifestazioni di queste forze intrecciate tra di loro, e noi umani siamo legati a loro dall’inizio della nostra evoluzione. 

Il mondo delle piante, se siamo in grado di ascoltarlo, ci parla costantemente attraverso un sussurro. Mi sono chiesta che cos’è che vale di più per le persone nella nostra cultura e penso che la risposta sia il tempo. Se vogliamo conoscere una pianta e se vogliamo chiedergli qualcosa, possiamo iniziare offrendogli il nostro tempo, standogli seduti vicino, coltivandola. Ma anche se l’abbiamo semplicemente comprata, potete cercare di comprendere il suo mondo. 
Quando usiamo una pianta, comunichiamo con l’intera catena di esperienze che quella specie ha attraversato durante la sua evoluzione.

Ho conosciuto popolazioni che usano piante sacre in Messico, Ecuador e Perù e ho imparato la loro mitologia e le loro cerimonie. Queste tradizioni e queste piante sacre devono essere trattate con rispetto. La nostra cultura ha ancora una strana relazione con le piante. 

Per esempio, è interessante notare che finalmente dopo un lungo periodo di demonizzazione è stato riaperto un dialogo sulla cannabis, tanto da poterne parlare di nuovo come di una medicina, ovvero quello che è stata per migliaia di anni per moltissime popolazioni. Se usata con gratitudine e con consapevolezza, può essere una medicina da molti punti di vista. E’ una nostra alleata in molti modi. Ho osservato che le culture oscillano ciclicamente dal rifiuto totale all’apprezzamento delle piante che hanno un potere e che la paura si trasforma in gratitudine


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Adesso ad esempio siamo in un periodo di grande denuncia verso il tabacco ed è che veramente difficile parlare delle sue proprietà sacramentali. Una pianta in se stessa non è né buona né cattiva. Il suo effetto dipende da come la usiamo e da quanto siamo consapevoli, e questo vale per tutte le medicine

Un uso inconsapevole può essere dannoso mentre un uso consapevole significa farne una medicina. Il cioccolato è un’altra affascinante pianta psicoattiva
In Messico gusci di cioccolata vengono riempiti di fagioli e usati come offerte. Altre piante vengono bruciate come incenso o semplicemente lasciate in posti sacri dove l’acqua sgorga fuori dal terreno. Di solito non si portano fiori o cose dall’aspetto spettacolare ma doni molto semplici. La natura viene offerta alla natura perché in questo modo si dimostra che l’essenza della reciprocità è stata compresa. 

Non si prende niente senza dare qualcosa in cambio, e si è sempre grati per quello che si riceve. Questa è medicina.




Traduzione a cura di Jonas Di Gregorio
Fonte: Visionary Plant Consciousness: The Shamanic Teachings of the Plant World



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